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Atlas

Tutti conoscono Antoine D’Agata come fotografo, esploratore degli spazi dell’eccesso e dei luoghi del profondo, il suo sguardo paragonabile a quello di un Francis Bacon della fotografia. Non molti invece sanno delle sue esplorazioni oltre i confini della sua arte, di cui Atlas rappresenta il primo esperimento compiuto: un lungometraggio che guarda ai corpi e alle voci incontrate per il mondo provando a superare i limiti dell’immagine fissa. Non è un esperimento facile né allegro: e non è nemmeno esente da critiche. Il posizionamento del fotografo rispetto alle storie che racconta, tuttavia, rende questo film un tentativo di superamento dei compartimenti stagni con il quale vale la pena di confrontarsi. Droga, prostituzione, malattia nelle lingue delle donne che D’Agata ha incontrato o amato. Un ritratto intimo e sconvolgente.

We all know Antoine D’Agata as a photographer, as an explorer of the excess and the depths, his photographic style recalling Francis Bacon. But few people know about his explorations beyond the borders of his own art; Atlas represents his first complete experiment of these explorations: a feature film that looks at the bodies and voices he has met around the world trying to overcome the limits of the still picture. It is not an easy nor a happy experiment: and it isn’t even immune to criticism. In spite of this, the position of the photographer towards the stories he tells make this film an attempt to overcome the hermetically sealed compartments of the artist and the subject, an attempt which is worth considering. Drug, prostitution, illness in the native languages of the women that D’Agata has met or loved. An intimate and upsetting portrait.